Lo straordinario modello di accoglienza svedese

Solidarietà

Lo straordinario modello di accoglienza svedese

6 mesi fa

La solidarietà delle donne svedesi e lo straordinario modello della Swea

“Siamo tutte donne e sappiamo cosa significa lasciare il proprio Paese”

Queste le parole di Catarina Hansson, presidente di Swea (International Swedish Women's Educational Association), un’associazione no-profit che riunisce circa 6 mila donne svedesi che abitano all'estero in 30 Paesi diversi.

Ben consapevoli di limiti e difficoltà che una donna che si trova in un Paese straniero si trova ad affrontare, i membri di Swea mettono a disposizione la loro esperienza a favore delle donne ucraine arrivate in Svezia in seguito all’invasione russa di un anno fa. Una delle azioni su cui punta l’organizzazione è la raccolta fondi. A settembre scorso hanno iniziato la loro campagna e, grazie al coinvolgimento attivo di tutti i membri, le donne sono riuscite a raccogliere 1.070.000 corone svedesi, pari a circa 100 mila euro.

“Questa è la più grande raccolta fondi nella storia della Swea - sottolinea la presidente dell’associazione - e abbiamo deciso di donarli all'organizzazione non governativa “Beredskapslyftet”(in inglese Skill Shift Initiative), che già a maggio del 2022 ha avviato il progetto “Ukrainian Professional Support Center” allo scopo di aiutare le rifugiate ucraine ad inserirsi nella società locale offrendo loro lezioni di lingua svedese e organizzando incontri con potenziali datori di lavoro. Questa scelta corrisponde allo scopo della nostra associazione che cerca di mantenere e diffondere la lingua, la cultura e la tradizione svedese al di fuori della Svezia”.

L'ong Beredskapslyftet nasce per dare una risposta significativa alla crisi nel mondo di lavoro durante la pandemia. Al tempo la compagnia Scandinavian Airlines (SAS) aveva licenziato circa il 90% del personale, tra i quali anche tanti membri dell'equipaggio di cabina, i quali avevano conoscenze mediche di base. E’ allora che i fondatori dell’organizzazione decisero di proporre loro corsi di formazione per poter colmare il grande bisogno di personale nel settore sanitario durante la crisi pandemica. Oggi la ong svedese continua a essere una piattaforma che mobilita e riqualifica il personale disponibile per sostenere la società durante le crisi. Beredskapslyftet attualmente sostiene diciassette iniziative in tutta la Svezia, tre delle quali sono per gli ucraini: il Centro per bambini ucraini, il Centro culturale ucraino e il Centro ucraino per il supporto professionale, dove lavora Lucy.

La storia di Lucy

Quando è iniziata l’invasione russa in terra ucraina, il 24 febbraio 2022, Lucy ha la sua città natale Kryvyi Rih insieme al figlio di due anni e alla madre. Salita in auto, ha guidato per giorni ininterrottamente, senza una meta precisa. Col solo obiettivo di lasciarsi alle spalle la guerra.
Dopo tre interminabili giorni di viaggio Lucy raggiunge la frontiera con la Polonia dove c'era una coda di 18 chilometri. Riusciti ad entrare, i tre hanno trovato ospitalità da una signora polacca che ha offerto loro l’alloggio nella propria casa. Dopo una decina di giorni Lucy ha deciso di proseguire per arrivare in un altro Paese europeo. “Volevo andare il più lontano possibile da tutto questo. L'unica lingua straniera che parlo è l’inglese e quindi - racconta la donna - ho dovuto scegliere un Paese dove potevo lavorare con questa lingua per provvedere alla mia famiglia. Naturalmente, ho esaminato anche le politiche sociali in vigore e anche il fatto che in Svezia non ci sia stata guerra per oltre 200 anni ha avuto un ruolo importante nella decisione”.

In Svezia Lucy è stata accolta da una famiglia di conoscenti e dopo aver sbrigato le pratiche burocratiche ha iniziato a cercare lavoro. “Quando ho iniziato a studiare il mercato del lavoro svedese, - ricorda - la prima cosa che ho notato, e di cui parlo anche ai miei connazionali, è che il modo più semplice per trovare lavoro è fare rete, cioè conoscere altre persone. In uno degli eventi per i rifugiati ucraini ho incontrato Yuliya, la mia futura collega. Siamo andate a prendere un caffè, abbiamo parlato e concordato che chi di noi trovava prima un lavoro, avrebbe cercato di aiutare anche l’altra. Yuliya è stata la prima a trovare lavoro al Beredskapslyftet e ha proposto anche la mia candidatura. In quel momento cercavano un recruiter, che era la mia professione in Ucraina. Sono venuta al colloquio e il giorno successivo ho iniziato a lavorare”.

Lucy racconta che grazie all’aiuto fornito da questo Centro ad oggi 172 ucraini hanno trovato lavoro in vari settori e in varie parti della Svezia. “Inoltre - spiega - forniamo anche molto altro supporto che avvicina gli ucraini all'occupazione, si tratta di corsi di lingua, corsi di preparazione per colloqui e orientamento professionale”. La formazione in lingua svedese, finanziata attraverso la donazione della Swea, inizierà a marzo 2023 e sarà rivolta a 100 donne ucraine con un background nella sanità e che, attraverso un altro progetto, seguiranno contemporaneamente, presso l'Università Sophiahemmet, corsi per la conoscenza del sistema sanitario svedese.

La difficolta per tanti rifugiati ucraini, come spiega Lucy, consiste nel fatto che di solito devono iniziare una carriera dall’inizio, anche se avevano una lunga esperienza professionale nel loro Paese. In Svezia però c'è la parità di diritti nell'ottenere lavoro e nella retribuzione. “Anche i rapporti interpersonali al lavoro - aggiunge la donna ucraina - sono molto equi sia negli uffici, che nelle organizzazioni, nelle aziende. Per esempio, nella mensa un addetto alle pulizie, un idraulico o un venditore si siede tranquillamente con un direttore generale e parlano dei loro programmi per il fine settimana o di una festa aziendale. E nessuno evita nessuno, non c’è paura gli uni degli altri. È molto rilassante e dà motivazione al lavoro”.

Parlando dell’integrazione nella società che l’ha accolta, Lucy aggiunge: “Credo che possiamo prendere il lato svedese con il suo equilibrio emotivo e rispetto per le altre persone, e il lato ucraino, con la sua cordialità, calore umano e la capacità di essere leali fino alla fine, e bilanciare tutto questo in modo che tutti si sentano a proprio agio”.

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